Dove e quando

In occasione dell’apertura dell’anno sociale 2020 del nostro Comitato, sabato 18 gennaio 2020 alle ore 18.00 presso l’Auditorium Marco Tamburini del Conservatorio F. Venezze il Maestro Adriano Bassi, pianista, compositore e direttore d’orchestra e Presidente del Comitato Dante di Milano ci intratterrà sul tema:

Conosciamo veramente Beethoven? Abbiamo parlato con lui?!

No! La storia ci ha tramandato la sua produzione, la sua vita (ufficiale) ma non quella ufficiosa! Quindi, lo conosciamo veramente? Personalmente non ho avuto questa fortuna ed opportunità. Peccato! Gli avrei posto tantissime domande! Il mio incontro con tutti voi si baserà sul tentativo di entrare in “intimità” con un “Genius” in assoluto, con un positivo provocatore, con un rivoluzionario senza paura e con un compositore irraggiungibile.la dante_apertura anno sociale 2020

Adriano Bassi: biografia

Adriano Bassi, nato a Milano. Concertista di Pianoforte, Compositore e Direttore d’Orchestra.
Ha scritto vari libri di argomento musicale e storico fra i quali figurano: “Storia del Cafè chantant” (Prefazione di Paolo Limiti), “Caro Maestro”, Epistolario inedito di D’Annunzio ai musicisti (Prefazione Giampaolo Rugarli) riedito nel 2018. “La Musica e il gesto”, Storia dell’orchestra e dei direttori (Prefazione M° Carlo Maria Giulini), “Erik Satie”, L’Antiaccademico, “W Verdi” (Prefazione del Sindaco di Milano Gabriele Albertini), “Riccardo Zandonai”, “Benjamin Britten”, “Storia degli Inni Nazionali”, “Domenico Scarlatti”, “La storia del pianoforte”, “Arturo Toscanini”, “Mozart a Milano”, “Curiosità in Mozart e i suoi contemporanei”, “La storia del bacio” Le Eroine del Risorgimento” (Il Risorgimento visto dalle donne)

Nel 1986 ha pubblicato il primo libro intervista al M° Giorgio Gaslini (ripubblicato e aggiornato nell’aprile 2016, rendendo omaggio al Maestro dopo la sua scomparsa).

Per il teatro ha scritto: “Gli amori disperati di L. van Beethoven” e “Vita di Casanova

E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti ed ha ricoperto la carica di Probiviro nell’Associazione Lombarda dei Giornalisti.
Scrive su numerose riviste fra le quali Nuova Antologia fondata da Benedetto Croce.
Tiene conferenze di argomento musicologico, storico e filosofico in importanti sedi quali Accademia Rubiconia dei Filopatridi, Lyceum di Catania, Circolo della Stampa di Milano, Centro Culturale Francese, Goethe Institut, Società del Giardino.

Ha inciso numerosi LP e CD fra i quali il Requiem di W. A. Mozart ( Ducale).

Dirige varie orchestre fra le quali la Ludwig van Beethoven tenendo numerosi concerti in Italia e all’estero.

Ha collaborato con il Teatro alla Scala.
È Presidente della Società Dante Alighieri di Milano.
Collabora in veste di musicologo con la RAI e con la Radio Vaticana. Ha collaborato con Paolo Limiti.

È Direttore Artistico dell’Associazione “Pietro Mongini”.
Cura la direzione artistica di numerose stagioni musicali che hanno luogo in sedi italiane e straniere.
Ha composto tre Opere sulla Vita di Giuseppe Verdi (incisa su CD), Maria Callas (incisa su CD) e Giovanni Paolo II (rappresentata già a Milano e il 3 Settembre 2005 ad Introd, Val d’Aosta, luogo di villeggiatura del Papa) e in altre città.

TESTAMENTO DI HEILIGENSTADT

Heiligenstadt, 6 ottobre 1802, Ludwig van Beethoven (1770-1827)

O voi, uomini che mi reputate o definite astioso, scontroso o addirittura misantropo, come mi fate torto!
Voi non conoscete la causa segreta di ciò che mi fa apparire a voi così. Il mio cuore e il mio animo fin dall’infanzia erano inclini al delicato sentimento della benevolenza e sono sempre stato disposto a compiere azioni generose. Considerate, però, che da sei anni mi ha colpito un grave malanno peggiorato per colpa di medici incompetenti. Di anno in anno le mie speranze di guarire sono state gradualmente frustrate, ed alla fine sono stato costretto ad accettare la prospettiva di una malattia cronica (la cui guarigione richiederà forse anni o sarà del tutto impossibile).
Pur essendo di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi, a trascorrere la mia vita in solitudine. E se talvolta ho deciso di non dare peso alla mia infermità, ahimè, con quanta crudeltà sono stato allora ricacciato indietro dalla triste, rinnovata esperienza della debolezza del mio udito. Tuttavia non mi riusciva di dire alla gente: “Parlate più forte, gridate, perché sono sordo”. Come potevo, ahimè, confessare la debolezza di un senso, che in me dovrebbe essere più raffinato che negli altri uomini e che in me un tempo raggiungeva una grado di perfezione massima, un grado di perfezione quale pochi nella mia professione sicuramente posseggono, o hanno mai posseduto.
Tali esperienza mi hanno portato sull’orlo della disperazione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita. La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto. Ah, mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo, prima di aver creato tutte quelle opere che sentivo l’imperioso bisogno di comporre; e così ho trascinato avanti questa misera esistenza – davvero misera, dal momento che il mio fisico tanto sensibile può, da un istante all’altro, precipitarmi dalle migliori condizioni di spirito nella più angosciosa disperazione.
No, non posso farlo; perdonatemi perciò se talora mi vedrete stare in disparte dalla vostra compagnia, che un tempo invece mi era caro ricercare. La mia sventura mi fa doppiamente soffrire perché mi porta ad essere frainteso. Per me non può esservi sollievo nella compagnia degli uomini, non possono esserci
conversazioni elevate, confidenze reciproche. Costretto a vivere completamente solo, posso entrare furtivamente in società solo quando lo richiedono le necessità più impellenti; debbo vivere come un proscritto. Se sto in compagnia vengo sopraffatto da un’ansietà cocente, dalla paura di correre il rischio che si noti il mio stato. E così è stato anche in questi sei mesi che ho trascorso in campagna. Invitandomi a risparmiare il più possibile il mio udito, quell’assennata persona del mio medico ha più o meno incoraggiato la mia attuale disposizione naturale, sebbene talvolta, sedotto dal desiderio di compagnia, mi sia lasciato tentare a ricercarla. Ma quale umiliazione ho provato quando qualcuno, vicino a me, udiva il suono di un flauto in lontananza ed io non udivo niente, o udiva il canto i un pastore ed io nulla udivo.
Tali esperienza mi hanno portato sull’orlo della disperazione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita. La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto. Ah, mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo, prima di aver creato tutte quelle opere che sentivo l’imperioso bisogno di comporre; e così ho trascinato avanti questa misera esistenza – davvero misera, dal momento che il mio fisico tanto sensibile può, da un istante all’altro, precipitarmi dalle migliori condizioni di spirito nella più angosciosa disperazione.
Pazienza. Mi dicono che questa è la virtù che adesso devo scegliermi come guida; e adesso io la posseggo.
Duratura deve essere, io spero, la mia risoluzione di resistere sino alla fine, finché alle Parche inesorabili piacerà spezzare il filo; forse il mio stato migliorerà, forse no, ad ogni modo io, ora, sono rassegnato.
Essere costretti a diventare filosofi ad appena 28 anni non è davvero una cosa facile e per l’artista è più difficile che per chiunque altro. Dio onnipotente, che mi guardi fino in fondo all’anima, [che] vedi nel mio cuore e sai che esso è colmo di amore per l’umanità e del desiderio di bene operare.
O uomini, se un giorno leggerete queste mie parole, ricordate che mi avete fato torto; e l’infelice tragga conforto dal pensiero di aver trovato un altro infelice che, nonostante tutti questi ostacoli imposti dalla natura, ha fatto quanto era in suo potere per elevarsi al rango degli artisti nobili e degli uomini degni.
E voi, fratelli miei, Carl e Johann, dopo la mia morte, se prof. Schmidt sarà ancora in vita, pregatelo in mio nome di fare una descrizione della mia infermità e allegate al suo documento questo mio scritto, in modo che, almeno dopo la mia morte, il mondo ed io possiamo riconciliarci, per quanto possibile. – nello stesso tempo vi dichiaro qui tutti e due eredi del mio piccolo patrimonio (se possiamo chiamarlo così) – dividetelo giustamente, andate d’accordo e aiutatevi reciprocamente. Il male che mi avete fatto, voi lo sapete, vi è stato perdonato da lungo tempo. Ringrazio ancora in maniera particolare te, fratello Carl, per l’affetto che mi hai dimostrato in questi ultimi anni. Il mio augurio è che la vostra vita sia più serena e più scevra da preoccupazioni della mia. Raccomandate ai vostri figli di essere virtuosi; perché soltanto la virtù può rendere felici, non certo il denaro. Parlo per esperienza. È stata la virtù che mi ha sostenuto nella sofferenza. Io debbo ad essa, oltre che alla mia arte, se non ho messo fine alla mia vita col suicidio.
State bene e amatevi – Ringrazio tutti i miei amici, in particolare il Principe Lichnowsky e il professor Schmidt. Vorrei che gli strumenti del principe L venissero custoditi da uno di voi, purché ciò non conduca ad un litigio tra di voi. Qualora non possano servire ad uno scopo più proficuo, vendeteli pure; quanto sarò lieto, se potrò esservi utile anche nella tomba – Ebbene, questo è tutto
Vado con gioia incontro alla Morte – se essa venisse prima che io abbia avuto la possibilità di sviluppare tutte le mie qualità artistiche, allora, malgrado la durezza del mio destino, giungerebbe troppo presto; e indubbiamente mi piacerebbe ritardarne la venuta – Sarei però contento anche così; non mi libererebbe essa forse da uno stato di sofferenza senza fine? Vieni dunque, Morte, quando tu vuoi, io ti verrò incontro coraggiosamente – Addio, non dimenticatemi del tutto, dopo la mia morte. Io merito di essere ricordato da voi, perché nella mia vita ho spesso pensato a voi, e ho cercato di rendervi felici – Siate felici –

Heiligenstadt, 6 ottobre 1802
Ludwig van Beethoven